24/01/10

G.B.: nove persone su dieci pensano avere intolleranza

Nove britannici su dieci sono convinti di soffrire di allergia o intolleranza alimentare anche se invece sono perfettamente sani.
Uno studio della Portsmouth University ha infatti dimostrato che, sebbene il 20% degli adulti (circa 10 milioni di persone) pensano di essere intolleranti a qualche cibo, meno del 2% ha in realtà questo problema. Il report 'The Wheat Hypersensitivity' è stato commissionato dal britannico Flour Advisory Bureau ed è stato riportato dal quotidiano Daily Mail.
Per arrivare a queste conclusioni i ricercatori hanno analizzato diversi studi sulla prevalenza delle allergie alimentari, causate da una reazione eccessiva del sistema immunitario, e delle intolleranze, simili alle allergie ma molto più lievi.
Ebbene, dai risultati è emerso che nel Regno Unito ci sono milioni di persone che limitano inutilmente la propria dieta, rinunciando a cibi preferiti e a sostanze nutritive importanti, nella falsa convizione di essere allergici. In genere, si rinuncia ad alimenti a base di latticini, ai farinacei e alle uova. Colpa anche dei test diagnostici diffusi sul web, moltissime persone pensano di soffrire di qualcosa che in realtà non hanno.
''La nostra preoccupazione - ha spiegato Carina Venter, dietologa specializzata in allergie - è che le persone facciano diagnosi di allergie in realtà inaffidabili e potrebbero mascherare malattie diverse che rimangono non diagnosticate e non trattate''. Non solo. In questo modo, si rischia di rinunciare a sostanze nutritive davvero importanti. Rinunciare ai farinacei, anche se non si è intolleranti, potrebbe portare ad esempio a una carenza di vitamine del gruppo B.
Evitare di mangiare prodotti lattiero-caseari, invece, può provocare un abbassamento dei livelli di calcio, fondamentali per mantenere le ossa forti.
''Quando ci si sente male - ha detto Venter - è quasi una reazione naturale cercare di collegare tutto a quello che si è mangiato. Ma chi crede di avere sintomi legati a un alimento ha bisogno di chiedere aiuto al medico di famiglia che può indirizzarlo a un centro specializzato in allergie oppure a un dietologo''.
''I bambini - ha continuato - sono più soggetti a problemi nutrizionali quando alcuni cibi sono esclusi dalla loro dieta, quindi è fondamentale che ricevano una diagnosi corretta''.
La dietologa ha infatti denunciato il fatto che molte neo-mamme troppo spesso diagnosticano da sole ai propri figli qualche intolleranza alimentare. Lo studio condotto dai ricercatori britannici ha coinvolto quasi mille bambini e ha rilevato che più della metà ha escluso dalla propria dieta un alimento nel primo anno di vita.
Tuttavia, i test effettuati dagli scienziati hanno mostrato che solo un bambino su 25 in realtà soffriva di allergia o intolleranza alimentare. ''Le mamme tendono a collegare ogni rash, mal di pancia, diarrea o pianto a un allergia o intolleranza alimentare'', ha detto Venter. Eppure, spesso il cibo non ha nessuna colpa.

23/01/10

Farmaci per dimagrire: stop alla sibutramina

L'Agenzia italiana del farmaco ha vietato la vendita e l'utilizzo di tutti i medicinali a base di sibutramina (nomi commerciali: Ectiva, Reductil), compresi quelli preparati dal farmacista. Per perdere peso Questi farmaci, usati per favorire la perdita di peso nelle persone obese e in soprappeso che hanno altri fattori di rischio cardiovascolare come il diabete di tipo 2 o il colesterolo alto, sono ora ritenuti dall'Aifa troppo pericolosi. In particolare, il comitato nazionale che valuta la sicurezza dei farmaci (Comitato per i medicinali per uso umano Chmp) in accordo con le autorità europee (Autorità europea dei farmaci Ema) ha riscontrato un rapporto rischio-beneficio sfavorevole per questa molecola. Contattare il medico Le persone attualmente in cura con medicinali contenenti sibutramina sono invitati a contattare il proprio medico per valutare la possibilità di una terapia alternativa. Chi intende interrompere il trattamento immediatamente, può farlo tranquillamente, anche prima di avvisare il medico.

20/01/10

La sedentarietà Chiamatela inattività muscolare

Stare troppo tempo seduti davanti alla TV o sul divano non solo favorisce i chili di troppo ma fa proprio male alla salute.
L’allarme viene dall’ultimo numero del British Journal of Sports Medicine dove è stato pubblicato uno studio condotto presso il Karolinska Institute e la Swedish School of Sport and Health Sciences di Stoccolma.
Secondo gli studiosi svedesi il termine sedentarietà non rende l’idea di quanto questa abitudine possa essere dannosa per la salute: “dovremmo definirla piuttosto un’inattività muscolare”, dichiarano.
E ricordano come uno studio australiano abbia dimostrato che per ogni ora extra che trascorriamo seduti davanti alla tv le probabilità di sviluppare la sindrome metabolica, un disturbo che prelude spesso a patologie cardiovascolari e diabete, salgono del 26%, a prescindere da quanto esercizio facciamo abitualmente.
Non solo, sono numerose le ricerche che hanno dimostrato che l’inattività prolungata è tra le concause di diabete, malattie cardiovascolari, cancro e obesità, a prescindere dal fatto che si svolga o meno un’attività sportiva.
Secondo i ricercatori svedesi l’inattività muscolare andrebbe inserita ufficialmente nell’elenco di fattori di rischio di patologie come il diabete e le malattie cardiache perché la risposta molecolare e fisiologica da parte dell’organismo all’inattività non può essere ridotta semplicemente facendo esercizio fisico.
Gli studiosi sottolineano che i meccanismi che spiegano come l’inattività possa causare malattie di tipo diverso sono tutti da approfondire, è possibile che a giocare un ruolo-chiave sia un enzima chiamato lipoprotein-lipase che contribuisce a tenere sotto controllo la quantità di grassi nel sangue, ma la strada per far luce sul legame inattività-malattie è ancora lunga.
Intanto, suggeriscono gli studiosi, si dovrebbero incoraggiare cambiamenti nello stile di vita quotidiano per mantenere un livello di attività intermittente: salire e scendere le scale, andare a lavoro a piedi, fare una pausa di cinque minuti se si svolge un lavoro sedentario. fonte pagine mediche

13/01/10

Diete: non esistono le 'miracolose' ma mangiare meno

"Le diete miracolose non esistono. L'unico modo per dimagrire è mangiare di meno".
Lo affermano gli esperti della British Dietetic Association (BDA). Dopo gli stravizi di Natale e Capodanno, molte persone si ritrovano con qualche chilo in più e si lasciano attrarre da regimi dietetici che promettono di bruciare i grassi e far perdere peso rapidamente.
La British Dietetic Association mette in guardia i consumatori: attenzione alle diete di moda ma senza alcun fondamento scientifico e spesso poco salutari, che promettono risultati miracolosi.
L'unico modo per perdere peso è ridurre le calorie e svolgere attività fisica.
"Purtroppo non c'è altro modo per dimagrire e mantenere il peso raggiunto: mangiare in modo sano, muoversi e in generale cambiare le proprie abitudini", afferma Rachel Cooke, dietologa del St Martins' Hospital di Bath e portavoce della BDA.
Proprio perchè in questo periodo tornano alla ribalta una serie di diete più o meno "alla moda", la BDA ha pensato di pubblicare una lista di "diete da evitare nel nuovo anno", tra cui quelle del gruppo sanguigno, del minestrone di cavolo, della banana, dello sciroppo di acero o del guerriero.
Si tratta di regimi spesso basati su "pseudo scienza", dice la BDA, che possono anche causare gravi deficit nutrizionali, se seguiti a lungo.
"Tanto per cominciare, nessun cibo brucia i grassi, solo l'attività fisica può riuscirci", nota la BDA. Bando anche ai severi programmi disintossicanti: la BDA assicura che il corpo umano è in grado di disintossicarsi da solo. "Il fegato lavora ogni giorno per liberare l'organismo dalle tossine, non è necessario eliminare dei cibi o vivere solo di frutta, verdura e acqua", afferma l'associazione britannica.
"Dopo gli eccessi di Natale, basta tornare a un regime sano, riducendo le calorie e mangiando più frutta e verdura. Anche così si perde peso", assicura la BDA.
In particolare, l'associazione dei professionisti britannici della nutrizione attacca due diete molto famose. La prima è la Atkins, "che contraddice completamente tutti i messaggi sul mangiar sano che cerchiamo di dare ai nostri pazienti"; la seconda è la dieta a zona, anche questa non in linea con le raccomandazioni degli esperti. La versione più rigida della Atkins privilegia grassi e proteine, portando a un eccessivo consumo di grassi saturi, ed elimina pane, patate, pasta, riso e cereali, ammettendo solo piccole porzioni di frutta e verdura, mentre questi alimenti dovrebbero costituire la gran parte dell'apporto calorico della giornata.
Ma la BDA è ferma nelle sue conclusioni: non esiste un regime miracoloso. Mangiate di meno e dimagrirete.

08/01/10

Riduzione del peso corporeo e benefici cardiovascolari

de las Fuentes L, Waggoner AD, Mohammed BS, Stein RI, Miller BV, Foster GD, Wyatt HR, Klein S, Davila-Roman VG.
J Am Coll Cardiol. 2009; 54:2376 - 2381
L’obesità rappresenta un importante fattore di rischio cardiovascolare, associato ad alterazioni strutturali e funzionali cardiache e vascolari. In questo studio di intervento nutrizionale è stato valutato, in un periodo di due anni, l’effetto del calo ponderale, e del parziale successivo recupero di peso, causato da una dieta ipocalorica povera in carboidrati o in grassi. Nei 47 soggetti obesi che hanno completato lo studio, la perdita di peso è risultata massima dopo 6 mesi (-9 %), ma si è ridotta (- 4%) dopo due anni. Dalla valutazione della massa ventricolare sinistra, della funzione sistolica e diastolica e dell’ispessimento medio intimale carotideo è emerso che il miglioramento dei parametri sia della struttura che della funzionalità cardiovascolare è direttamente correlato alla perdita di peso: massimo dopo 6 mesi e ridotto, ma ancora significativo, dopo due anni.
 I benefici della perdita di peso sono risultati uguali per le due diete adottate. Questa osservazione suggerisce che gli effetti positivi del calo ponderale sul sistema cardiovascolare siano indipendenti dalla composizione in macronutrienti della dieta.