09/04/10

Omeopatia: in Gran Bretagna chiedono di bloccare i finanziamenti e in Italia l’ISS avvia una campag

Omeopatia sotto osservazione in Gran Bretagna. Un Comitato Scientifico ha concluso che l’omeopatia provoca lo stesso effetto di un placebo e che quindi non dovrebbe ricevere finanziamenti pubblici.
Nel rapporto presentato al Parlamento Britannico si richiede non solo di sospendere i finanziamenti pubblici all’omeopatia, ma anche di studiare nuove norme che regolino l’etichettatura dei farmaci omeopatici per evitare equivoci e false aspettative nelle loro capacità terapeutiche.
Anche in Italia il dibattito è aperto. L’Istituto Superiore di Sanità ha calcolato che dal 2002 si sono verificati quattrocento casi di pazienti che, a seguito dell’assunzione di prodotti della medicina alternativa, hanno avuto disturbi, anche gravi, sono stati ricoverati e tre di essi sono deceduti.
Secondo quanto riferito dall’ISS nel 70% dei casi le medicine assunte erano estratti di piante medicinali, ma nel 34% dei casi sono state assunte insieme ad altri farmaci convenzionali e questa interazione sarebbe alla base dei disturbi conseguenti.
Problemi gastrointestinali, disturbi alla cute, al fegato e al sistema nervoso: sono soprattutto questi gli effetti collaterali registrati nella gran parte dei casi che hanno spinto l’ISS ad avviare una campagna di informazione mirata a ricordare che anche i prodotti della medicina alternativa possono essere pericolosi, se assunti senza controllo medico e in dosi e modalità scorrette e che possono agire causando reazioni anche gravi, oltre che compromettere le capacità terapeutiche dei farmaci convenzionali che si stanno assumendo in concomitanza. La necessità di informare e di ridurre al minimo dubbi ed equivoci nasce anche dal fatto che il mercato della medicina alternativa registra un trend in netta crescita. Già una indagine dell’ISTAT, condotta nel 2005, rese noto che il 13,6% della popolazione intervistata dichiarava di aver usato metodi di medicina alternativa nei tre anni precedenti (il 7% aveva fatto ricorso all’omeopatia, il 6,4% si era sottoposto a sedute di osteopatia e chiropratica, il 3,7% aveva usato prodotti fitoterapici e l’1,8% l’agopuntura). Il dato che può preoccupare, però, è quello relativo all’assunzione di farmaci omeopatici e convenzionali insieme: è un’abitudine per il 73,5% dei cittadini che usano la medicina alternativa. Più recente la fotografia scattata da Omeoimprese: nel 2009 il mercato dell’omeopatia ha fatto registrare un picco di +6% e nell’ultimo decennio il numero di pazienti che si affidano all’omeopatia è passato dal 10,6% al 18,5%. L’associazione che raggruppa 18 aziende produttrici di medicinali omeopatici ha ricordato che dal 1997 in Italia è attivo un sistema di farmacovigilanza sui medicinali omeopatici e che in 13 anni non sono stati registrati effetti collaterali gravi legati al loro consumo: “occorre saper distinguere con molta attenzione i prodotti di origine naturale e i medicinali omeopatici, che per il loro metodo specifico di produzione contengono il principio attivo in quantità non tossiche e propedeutiche alla risoluzione della malattia", ha chiarito Fausto Panni, presidente di Omeoimprese.

02/04/10

Incoraggiate i bambini a mangiare verdure diverse

 Incoraggiate i bambini a mangiare verdure diverse Il consumo di verdure è una componente importante di una dieta sana; in qualità di uno dei gruppi alimentari principali, le verdure forniscono fibra, vitamine, minerali e antiossidanti. Comunque, motivare i bambini ad aumentare il proprio apporto di questo gruppo alimentare rappresenta spesso una sfida. Proponiamo di seguito alcuni suggerimenti per i genitori.
Molti genitori sapranno che i loro figli possono diventare noiosi e difficili nel mangiare, molti non amano le verdure e fanno diventare i pasti delle lotte. Dato che le preferenze alimentari dei bambini possono determinare il loro futuro comportamento alimentare, è importante riconoscere che queste preferenze alimentari possono essere formate.1 Come vengono formate le preferenze alimentari nei bambini I bambini hanno una predisposizione naturale per il dolce, e non amano gli alimenti aspri o amari.1-3 In particolare, le preferenze del gusto nei neonati sembrano essere influenzate anche da ciò che la madre mangia durante la gravidanza e la lattazione. In uno studio, i neonati di madri che avevano consumato succo di carota regolarmente durante la loro gravidanza o lattazione mostravano espressioni facciali meno negative quando venivano alimentati con cereali al sapore di carota rispetto a cereali normali.4 Inoltre, quei neonati che venivano esposti alle carote nel periodo prenatale mostravano alle loro madri di gradire cereali al sapore di carota rispetto a cereali normali. I neonati le cui madri hanno bevuto acqua durante la gravidanza e la lattazione non mostravano alcuna differenza. Perciò, se una donna gravida consuma una dieta ricca di verdure, suo figlio potrebbe apprezzare più  gusti differenti rispetto a un bambino esposto solo a un numero ridotto di alimenti diversi durante la gravidanza e la lattazione. Le preferenze alimentari si sviluppano ulteriormente attraverso l’infanzia e i genitori hanno un ruolo vitale nel promuovere un comportamento alimentare sano. L’ambiente in cui il bambino si sviluppa e si alimenta è molto influenzato dai genitori. Se si stabilisce un ambiente piacevole, e i nuovi alimenti vengono introdotti non in modo coercitivo, un bambino svilupperà più probabilmente una preferenza per questi. L’incoraggiamento dei genitori e le regole sul comportamento alimentare sono positivamente correlate al consumo delle verdure.5 La neofobia,  l'essere schizzinosi ed esigenti La neofobia è un termine utilizzato per descrivere un’avversione del bambino verso nuovi alimenti.1-3 I genitori spesso lottano per far sì che i loro bambini provino nuovi alimenti e rinunciano facilmente quando il bambino si rifuta. I bambini possono anche reagire negativamente in modo occasionale a cibi familiari, definito come essere schizzinosi. L'essere esigenti è una combinazione della neofobia e dell'essere schizzinosi, e questi problemi tendono ad aumentare verso i 2-6 anni, diminuendo ad un livello più basso in età adulta.6 Cosa possono fare i genitori per incoraggiare un’alimentazione positiva? I genitori possono avere un ruolo importante nel promuovere e incoraggiare I bambini a mangiare le verdure attraverso l’esposizione ripetuta, l’esempio e controllando l’ambiente. Più un bambino è esposto a nuovi alimenti più probabilmente lui/lei cercherà e diverrà familiare con essi.1 Un bambino può aver bisogno di 10–15 assaggi di un alimento nuovo per sviluppare una preferenza per esso, pertanto rinunciare dopo pochi tentativi non permetterà l’introduzione di nuovi alimenti.2 I genitori non dovrebbero forzare il bambino a mangiare grandi quantità dei nuovi alimenti, ma invece invitarli a provare poche quantità di uno o due nuovi alimenti - nel tempo continuare a fare ciò porterà ad una familiarità con le nuove verdure e a un maggior desiderio di mangiarle. L’esempio è una parte importante per motivare i bambini a mangiare le verdure.2,3,7 Se i bambini possono vedere che un adulto si diverte a provare nuovi alimenti, li proveranno più facilmente loro stessi. In più, se le verdure sono subito disponibili per il bambino, questo ne aumenterà il loro consumo.6 La presentazione dell’alimento in modo gradevole usando più colori e forme può favorire nei bambini la ricerca di nuovi alimenti. 2,3 Per esempio, un genitore può creare facce o disegni con il cibo sul piatto e tagliare le verdure in forme diverse. Offrire il cibo sia crudo che cotto potrebbe essere un’ulteriore opzione, posto che vi sia attenzione all’igiene alimentare. Inoltre, coinvolgendo i bambini nella preparazione degli alimenti e, se possibile, nella coltivazione delle verdure in giardino o nei vasi si può aumentare il loro desiderio di provare verdure nuove.3,7 In conclusione Le preferenze alimentari dei bambini si formano presto durante la vita e i genitori possono influenzarle positivamente creando un ambiente dove esista una struttura di comportamento alimentare. Esponendo i bambini a piccole quantità di un nuovo alimento in modo ripetuto, dando un esempio di un comportamento alimentare sano, coinvolgendo i bambini nella coltivazione e nella preparazione delle verdure come nella presentazione dei piatti in modo gradevole, è possibile migliorare il comportamento alimentare di un bambino.

01/04/10

Attività fisica e controllo ponderale

Lee IM, Djoussé L, Sesso HD, Wang L, Buring JE. JAMA. 2010 Mar 24;303(12):1173-9. Il calo ponderale conseguente alla restrizione calorica associata all’attività fisica regolare può essere più o meno rilevante in relazione al regime dietetico adottato. Non è invece chiara la quantità di esercizio fisico necessaria per controllare il peso corporeo, in assenza di restrizioni caloriche, nelle persone obese.  34000 donne americane, reclutate per lo “Women’s Health Study”, seguite per 13 anni, sono state suddivise in base al dispendio energetico, espresso in equivalenti metabolici (MET), e quindi al livello di attività fisica: meno di 7.5 MET a settimana (< 150 min di movimento a settimana), da 7.5 a 21 MET e 21 o più MET (> 420 min di movimento a settimana). Al termine del periodo di osservazione è stato registrato un aumento medio del peso di circa 2.6 Kg, soprattutto nei soggetti appartenenti ai due gruppi meno attivi. Una relazione inversa tra l’attività fisica e il’incremento ponderale è stata osservata solo per le donne normopeso. I 20-30 minuti al giorno di attività fisica raccomandati dalle linee guida sono quindi sufficienti a ridurre il rischio cardiovascolare, ma non sono sufficienti per il controllo ponderale in assenza di restrizione calorica. Nei soggetti normopeso 60 minuti al giorno di movimento sono efficaci per mantenere il peso forma, mentre nei soggetti obesi il controllo ponderale richiede necessariamente anche una restrizione dell’apporto calorico con la dieta.

Proteine e diabete

Sluijs I, Beulens JW, van der A DL, Spijkerman AM, Grobbee DE, van der Schouw YT. Diabetes Care. 2010 Jan;33(1):43-8. Mentre il ruolo di grassi e carboidrati della dieta nella determinazione del rischio di diabete è stato ampiamente studiato, per quanto riguarda le proteine, e informazioni disponibili sono limitate e a volte contraddittorie. In questo studio prospettico, condotto nella coorte olandese dello studio EPIC (circa 38000 partecipanti), è stato osservato che i soggetti nel quartile con il più alto di consumo di proteine totali o di origine animale avevano un rischio più che doppio di sviluppare diabete durante i 10 anni di follow up, rispetto a quelli nel quartile con il consumo più basso. Questa correlazione non sussisteva per i livelli di assunzione delle sole proteine vegetali. Confrontando tra loro diete isocaloriche, la sostituzione del 5% delle calorie rappresentate da grassi carboidrati con la stessa quantità di calorie ottenute da proteine totali o animali, aumentava di circa il 30% il rischio di sviluppare diabete, soprattutto nei soggetti magri. 
Secondo queste osservazioni, le raccomandazioni dietetiche per la prevenzione del diabete devono quindi tener conto della composizione della dieta non solo in termini di grassi e carboidrati, ma anche di proteine, soprattutto di origine animale.