27/11/12

intolleranze alimentari un po di chiarezza !


Le prime osservazioni legate alla relazione esistente tra cibo e salute sono molto antiche: Ippocrate si era già reso conto che alcuni individui non tolleravano determinati alimenti che altri utilizzavano senza subire danno.
Ma qual è la differenza tra allergia ed intolleranza?
L'allergia alimentare si verifica quando un particolare alimento, una volta ingerito o a contatto con pelle e mucose, provoca una reazione immunitaria immediata con produzione di anticorpi e possibile shock anafilattico.  
L'intolleranza alimentare, definita nel 1991 come "allergia non allergica", può essere considerata come uno stato allergico che non è correlato con la produzione di anticorpi. Essa si manifesta quando il corpo non riesce a metabolizzare correttamente un alimento o un componente alimentare.
Quali sono i sintomi?
I sintomi delle allergie alimentari sono simili a quelli provocati dalle allergie ai pollini, quelli più frequenti sono di tipo cutaneo e respiratorio: arrossamenti pruriginosi, orticarie, eczemi, asma, tosse, rinite. Altri malati presentano una sintomatologia legata all'apparato gastrointestinale (vomito, diarrea, coliche, nausea). 
Per risolvere la situazione i soggetti allergici devono eliminare del tutto il cibo incriminato.

Nelle intolleranze alimentari oltre ai sintomi tipici delle allergie (nausea, diarrea, crampi allo stomaco, eczemi, orticaria) sono presenti anche cefalea, stanchezza, gonfiori addominali dopo i pasti. Tali sintomi sono più modesti, non producono shock anafilattico e si aggravano all'aumentare della quantità di cibo consumata cioè sono dose-dipendenti. La manifestazione del disturbo, infatti, avviene solamente quando viene superato un certo limite detto "livello soglia", prima del raggiungimento del quale l'organismo mette in atto una serie di meccanismi compensatori. 
Le persone che hanno un'intolleranza, quindi, possono sopportare piccole quantità dell'alimento, senza alcuna manifestazione (fatta eccezione per il glutine). 

Quali alimenti causano più frequentemente allergie alimentari?
Quelli dal maggior potere allergizzante sono:
1. orzo, avena, grano e prodotti derivati;
2. crostacei, frutti di mare e prodotti derivati;
3. uova e ovoprodotti;
4. legumi, piselli, arachidi, soia e prodotti derivati;
5. latte e prodotti a base di latte;
6. nocciole, semi di papavero, semi di sesamo e prodotti derivati;
7. sedano e la famiglia delle Prunoideae (pesca, susina, albicocca, ciliegia, mandorla).
Allo stato attuale, dalle indagini epidemiologiche, emerge che, tra gli alimenti di origine animale, cinque classi sono responsabili del 90% delle allergie alimentari: latte e derivati, uova, pesce, crostacei e molluschi.
Quali sono le cause più comuni di intolleranza alimentare?
La medicina ufficiale prende in considerazione pochissime intolleranze, tra queste vi sono quelle al lattosio e al glutine che sono scientificamente dimostrabili. Per quanto riguarda le altre intolleranze, di cui si sente continuamente parlare, non sono per il momento dimostrabili con nessun tipo di test riconosciuto.
L'intolleranza al lattosio è dovuta al deficit dell'enzima lattasi che ha il compito di scindere il lattosio in glucosio e galattosio. Nell'intolleranza, il lattosio, una volta ingerito, non viene digerito come dovrebbe e rimane nell'intestino dove fermenta provocando diarrea, mal di pancia e la produzione di gas. Il problema può essere superato utilizzando alimenti privi di lattosio come il latte senza lattosio.
L'intolleranza al glutine (celiachia) è una disfunzione intestinale permanente che si manifesta quando il corpo non tollera il glutine (complesso proteico presente in frumento, orzo, segale, farro, kamut, avena). L'introduzione di alimenti preparati con uno di questi cereali determina, nelle persone predisposte geneticamente, una risposta immunitaria abnorme a livello dell'intestino tenue con conseguente infiammazione e scomparsa dei villi intestinali. L'unica terapia possibile è la dieta priva di glutine poichè consente la completa normalizzazione della mucosa intestinale con la ricrescita dei villi e la scomparsa dei sintomi presenti. 
Quali test per allergie ed intolleranze?
In entrambi i casi bisogna avvalersi di test validati scientificamente e diffidare dalla miriade di test (soprattutto per le intolleranze) presenti in circolazione, dispendiosi e privi di fondamento scientifico!
Per diagnosticare le allergie è possibile effettuare test cutanei come il PRICK TEST e lo SCRATCH TEST oppure il TEST RAST che permette di rilevare gli anticorpi IgE circolanti nell'organismo.
Per l'intolleranza al lattosio ci sono numerose indagini diagnostiche a disposizione:
- valutazione del pH fecale;
- biopsia intestinale;
- test da carico;
- Breath test
Per l'intolleranza al glutine vengono effettuati degli esami su campioni di sangue (ottenuto con un semplice prelievo) che permettono di dosare gli anticorpi (anti-Endomisio e anti-Transglutaminasi) prodotti dall'organismo per "combattere" il glutine. Tali anticorpi indicano che c'è un danno da glutine che va poi  accertato successivamente con il prelievo della mucosa intestinale.
Oltre a questi test ce ne sono tanti non convenzionali (analisi del capello, test kinesiologico, DRIA test, VEGA test, test citotossico, ecc.) che promettono di rivelare le intolleranze alimentari ma questi non sono accettati dalla classe medica per vari motivi:
- la presenza di falsi positivi;
- la tipologia degli alimenti, alcuni test verificano l'intolleranza su alimenti complessi, per esempio il cioccolato ma il problema è che non è possibile capire se si è intolleranti al latte, al cacao, al nichel, allo zucchero presenti in esso!
- la quantità degli alimenti, generalmente si arriva a 30-40 e non è credibile scientificamente che ne bastino così pochi.
Come prevenire le allergie e le intolleranze alimentari?
Per evitare una reazione allergica basta eliminare l'alimento responsabile dell'allergia e per le intolleranze basta ridurre le porzioni per evitare i sintomi (tranne nella celiachia). 
Le modificazioni dello stile alimentare devono essere supportate  da un nutrizionista o da un dietologo che indirizzerà il paziente a seguire un alimentazione che non escluda alcun nutriente dalla dieta.

22/11/12

Un rischio ....."salato"

Gli effetti negativi per la salute dell’eccessivo consumo di sale sono ampiamente riconosciuti dalla comunità medico-scientifica che è ormai concorde nel ritenere che un elevato apporto di sale si associ ad un rischio maggiore di sviluppare numerose malattie croniche, sia cardiovascolari che tumorali. 
Per questa metanalisi sono stati analizzati 11 studi (di cui 7 studi caso-controllo e 4 di coorte), scelti partendo da un campione iniziale di 1.580 studi, che avevano coinvolto oltre due milioni di individui, e più di 12.000 casi, che hanno valutato la relazione tra sale e rischio di tumore allo stomaco. Dall’analisi dei risultati emerge un’associazione positiva piuttosto marcata tra elevato apporto di sale e rischio di tumore gastrico; tra le persone con elevato consumo di sale il rischio è circa raddoppiato rispetto a quello rilevato tra le persone con un apporto ridotto (Odds Ratio o OR=2,05). Va osservato che i limiti di classificazione degli apporti di sale (elevato o ridotto) variavano da studio a studio. Valutando i dati in funzione della zona geografica in cui sono stati condotti gli studi, emergono OR più elevati per gli studi realizzati in Asia rispetto a quelli condotti in Europa; stratificando invece in funzione della fonte di sale, si rilevano OR pari a 1,20 e 2,41 per consumi rispettivamente di sale tal quale e di cibi salati. Queste osservazioni suggeriscono che in Asia la sensibilità agli effetti del sale sia maggiore che in Europa e che l’effetto di elevati consumi di sale sia potenziato da altri componenti degli alimenti tipicamente salati. 
La metanalisi conferma quindi l’esistenza di un’associazione tra apporto di sale e rischio di tumore gastrico, e supporta quindi l’importanza della riduzione del consumo di sale. Come affermato dagli stessi autori, questo studio ha comunque alcune limitazioni, principalmente legate all’elevata variabilità dei valori di cut-off utilizzati per discriminare tra “elevato apporto” e “basso apporto”, che potrebbero avere influito sui risultati emersi. (fonte NFI)